PUBBLICAZIONI:
LA RILEVANZA DEL PAGAMENTO DEL DEBITO TRIBUTARIO AI FINI PENALI
P. Pasquinuzzi e M. Urban, in Riv. Il Tributo
ilTributo.it - n.68 - 2021



La rilevanza del pagamento del debito tributario ai fini  penali - Studio Legale Traversi - studio legale auto riciclaggio Firenze

La rilevanza del pagamento del debito tributario ai fini penali
di  Martina Urban e Paola Pasquinuzzi
In linea generale, nel sistema penale tributario del D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74 il pagamento del debito tributario è sempre stato correlato ad un effetto premiale sul piano penale, per favorire la riparazione dell'offesa del bene giuridico protetto, consistente nella tutela degli interessi erariali.
Nel corso del tempo, tuttavia, la disciplina della rilevanza ai fini penali dell'estinzione del debito fiscale relativo ai fatti che costituiscono contemporaneamente violazioni tributarie e fattispecie di reato è stata oggetto di numerose modifiche legislative.
Innanzitutto, con l'emanazione del D.Lgs 10 marzo 2000, n. 74, il Legislatore aveva inizialmente introdotto la circostanza attenuante di cui all'art. 13, che prevedeva  una diminuzione di pena fino alla metà per i delitti di cui al suddetto decreto e l’esclusione delle pene accessorie indicate all’art.12, nel caso in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il contribuente avesse estinto integralmente il debito tributario (comprese le sanzioni amministrative) mediante integrale pagamento di quanto dovuto, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
In seguito, il D.L.13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella Legge 14 settembre 2011, n. 148, ha diminuito la portata "premiale" della suddetta circostanza attenuante, disponendo che l'estinzione del debito tributario potesse determinare, in caso di condanna, una riduzione di pena solo  fino ad un terzo (e non più fino alla metà).
Inoltre, con tale riforma il pagamento integrale del debito tributario è divenuta condizione imprescindibile per poter chiedere la definizione del procedimento penale mediante applicazione della pena su richiesta delle parti a norma degli artt. 444 e segg. del cod. proc. Pen. (cd. "patteggiamento") che comporta la diminuzione della pena fino ad un terzo per effetto della scelta del rito.
Dopo pochi anni, il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, ha introdotto una serie di modifiche normative con la finalità di limitare la risposta punitiva per le ipotesi di reato più lievi, circoscrivendo l'area di intervento della sanzione penale per le ipotesi ritenute maggiormente gravi e, cioè, "ai soli casi connotati da un  particolare disvalore giuridico, oltre che etico e sociale, in particolare, nei comportamenti artificiosi, fraudolenti e simulatori, oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ritenuti insidiosi anche rispetto all'attività di controllo" (come indicato nella Relazione Illustrativa al suddetto D.Lgs. n 158/2015).
In generale, attraverso tale riforma, che ha modificato in modo significativo il sistema penale-tributario del D.Lgs. n. 74/2000, si è data una speciale rilevanza alla finalità di recupero delle imposte evase e, per tale ragione, al pagamento integrale del debito tributario corrisponde, sul piano penale, una speciale causa di non punibilità per alcune fattispecie non fraudolente e, in ogni caso, l'applicabilità della circostanza attenuante ad effetto speciale - attualmente inserita nell'art. 13 bis - che, in caso di condanna, prevede (come nella versione originaria del 2000) una diminuzione di pena fino alla metà.
Analizzando brevemente le norme della riforma del 2015 che qui interessano, in primo luogo appare di assoluta portata innovativa il contenuto del nuovo art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000, che prevede una speciale causa di non punibilità per talune fattispecie delittuose, derivante dal pagamento del debito tributario, coerentemente con l’intento del Legislatore del D.Lgs. n. 158/2015 di circoscrivere le rilevanza penale a fatti dotati di concreta offensività.
In particolare, il nuovo art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 dispone che i reati di “omesso versamento di ritenute dovute o certificate” (art. 10 bis), “omesso versamento di IVA” (10 ter) e “indebita compensazione” di crediti non spettanti (art. 10 quater, comma 1) non sono punibili se, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario (comprensivo di tributi, interessi e sanzioni) è stato interamente estinto, anche attraverso il perfezionamento di una delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento, nonché mediante il ravvedimento operoso.
Queste fattispecie di reato vengono considerate meno gravi, essendo  caratterizzate da una condotta che riguarda il momento della liquidazione o del versamento dell'imposta, dato che si presuppone che in tali ipotesi il contribuente abbia provveduto a presentare nei termini una dichiarazione dei redditi o IVA del tutto regolare.
Pertanto, la riparazione del danno erariale mediante l'estinzione del debito dichiarato ma non correttamente liquidato o versato comporta il venir meno della punibilità, a condizione che il pagamento integrale avvenga prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.
Oltre a quanto sopra, l'art. 13, comma 2, prevede una causa di non punibilità anche per il più gravi delitti di “dichiarazione infedele” (di cui all'art. 4) e di "omessa dichiarazione" prevista dall'art. 5 del D.Lgs n. 74/2000, ma con delle significative limitazioni alla sua applicazione.
In primo luogo, l'estinzione integrale del debito (per imposte, interessi e sanzioni) deve essere effettuata, rispettivamente, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al successivo periodo d’imposta per la dichiarazione infedele, ovvero presentando la dichiarazione omessa entro il termine per la dichiarazione relativa al successivo periodo d’imposta, in caso di omessa dichiarazione, senza poter attendere fino al momento dell'inizio del dibattimento di primo grado.
Inoltre, in entrambe tali ipotesi, il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione omessa costituiscono causa di non punibilità, unicamente a condizione che il contribuente non abbia ancora avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Recentemente, il Legislatore, in sede di conversione del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124 nella L. 19 dicembre 2019, n. 157, ha ampliato la causa di non punibilità derivante dal pagamento del debito tributario prevista per i delitti di cui agli artt. 4 e 5 del D.Lgs n. 74/2000 anche al delitto di "dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" ex art. 2, nonchè a quello di "dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici" di cui all'art. 3 del citato D.Lgs n. 74/2000.
A partire dal dicembre 2019, quindi, tali reati non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
In definitiva, in relazione a tali fattispecie di reato connesse al momento dichiarativo dell'imposta, che sono espressione di una precisa coscienza e volontà di evadere le imposte (artt. 4 e 5)  o, addirittura, di un intento fraudolento (artt. 2 e 3), la causa di non punibilità opera unicamente in caso di spontanea resipiscenza dell'autore del fatto, prima dell'inizio di qualsiasi attività di verifica (dal punto di vista penale o fiscale) idonea ad accertare la violazione perpetrata.
Per tale ragione, l'operatività di tale causa di non punibilità è da considerarsi piuttosto rara nella pratica.
Sul tema, la Suprema Corte ha recentemente ribadito che "il ravvedimento operoso, al quale la norma subordina l'applicazione della causa di non punibilità per il delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, deve intervenire prima che l'autore del reato abbia formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di una qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, di talchè non rientrano nell'ambito applicativo della norma i pagamenti effettuati a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento che presuppongono l'accertamento della pretesa tributaria, i quali possono esclusivamente rilevare ai fini della applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 13-bis, comma 1, del medesimo legislativo, con una riduzione di pena fino alla metà" (Cassazione penale, Sez. feriale, 31 agosto 2020, n. 24589).
Nell'ipotesi di pagamento del debito tributario in un momento successivo alla conoscenza di eventuali verifiche tributarie o di indagini penali, ma effettuato comunque prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, tale condotta potrà comunque costituire, in caso di successiva condanna, circostanza attenuante ad effetto speciale, ai sensi dell'art. 13 bis del D.Lgs n. 74/2000.
Di conseguenze, per tutti i reati contenuti nel D.Lgs n. 74/2000, al di là delle ipotesi di non punibilità, il pagamento integrale del debito tributario, ai sensi dell'art. 13 bis, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, comporta la diminuzione fino alla metà della pena e la non applicabilità delle sanzioni accessorie, purchè il versamento avvenga prima dell'apertura del dibattimento di primo grado.
Come nella normativa previgente, per l’applicabilità di detta attenuante ad effetto speciale occorre che il debito tributario (da calcolarsi espressamente sommando tributi, interessi e sanzioni) sia stato integralmente estinto, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione previste dalle leggi tributarie.
Infatti, non è sufficiente l'esistenza di un piano di rateizzazione né il semplice accordo tra contribuente e Amministrazione Finanziaria, essendo invece necessario l'effettivo versamento di quanto dovuto (Cassazione penale, sez. III, 13 luglio 2018, n. 48375).
Quanto al pagamento, lo stesso non può avvenire attraverso una semplice compensazione con un credito di imposta: infatti, in una recente pronuncia, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "la sopravvenuta posizione creditoria verso l'erario, che comporta una possibile compensazione legale, non consente di fruire della causa di non punibilità per estinzione del debito tributario, in quanto la normativa penale fa riferimento al pagamento del debito" (Cassazione penale sez. III, 29 gennaio 2020, n.17806).
Per la Suprema Corte, l'articolo 13 fa espresso riferimento al "pagamento", in esso includendo anche ipotesi specifiche derivanti da istituti di natura conciliativa, ma non consente di includervi l'ipotesi della compensazione legale che rientra, per espressa qualificazione del codice civile, tra i "modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento".
Ciò nondimeno, l’art. 13, comma 3, per le ipotesi di rateizzazione, prevede la possibilità per il Giudice di assegnare al contribuente un termine di tre mesi (eventualmente prorogabile per ulteriori tre) per poter estinguere il debito tributario medesimo, con sospensione dei termini di prescrizione del reato.
La dottrina aveva ritenuto eccessivamente restrittivo tale termine, tenuto conto del fatto che i piani di rateizzazione previsti dalle leggi tributarie sono ben più lunghi. Tuttavia, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittima la norma in esame e, anche in una recente pronuncia, ha dichiarato inammissibili le censure formulate sotto tale profilo, ritenendo che tale previsione rientri nella discrezionalità del Legislatore (Corte Cost. 25 maggio 2019, n. 126).
In ogni caso, l'imputato-contribuente può chiedere il rinvio del processo penale unicamente in presenza di un valido piano di rateizzazione già in essere con l'Amministrazione Finanziaria. In tal senso, la Cassazione ha affermato che "la concessione del termine trimestrale di cui all'art.13, comma 3, d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74, che consente il pagamento del debito erariale in pendenza del processo, presuppone l'esistenza di un piano di rateizzazione produttivo di effetti e il rispetto del termine di pagamento delle singole rate, previsto a pena di decadenza" (Cassazione penale sez. III, 12 novembre 2019, n.5288)
Occorre inoltre notare che la circostanza attenuante, per espressa dizione normativa, si applica a tutti i reati contemplati dal D.Lgs n. 74/2000: è tuttavia da ritenere che tale circostanza non sia applicabile delitti dai quali non derivi l’insorgenza di un debito di imposta, visto il tenore letterale dell’articolo 13, che fa riferimento al concetto di "debito tributario".
In tal senso, l'avvenuto pagamento del debito tributario non rileva ai fini dell'applicabilità dell'attenuante in questione nell'ipotesi di "occultamento o distruzione di documenti contabili" di cui all'art. 10 del D.Lgs n. 74/2000, in quanto tale reato si realizza, infatti, nell’occultare o nel distruggere i documenti contabili in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari e, quindi, non richiede l'esistenza di un profitto per l'agente o di un danno in termini di minore entrata fiscale per l'Erario (Cassazione penale sez. III, 12 aprile 2019, n. 41133).
Parallelamente, l'attenuante di cui all'art. 13 bis, che consegue al pagamento del debito tributario, non è applicabile neppure al delitto di "emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" di cui all'art. 8 del D.Lgs n. 74/2000, dato che tale circostanza richiede il presupposto dell'esistenza di un debito tributario suscettibile di essere adempiuto (Cassazione penale, sez. III, 12 marzo 2020, n. 9883).
Infine, con la riforma del 2015, non viene modificata la norma processuale (ora contenuta nell'art. 13 bis, comma 2, D.Lgs n. 74/2000) già introdotta, come detto sopra, dal D.L. n. 138/2011, convertito in L. n. 148/2011, che subordina la possibilità di accedere al rito alternativo del c.d. "patteggiamento", unicamente qualora ricorra la circostanza attenuante del pagamento del debito tributario o del ravvedimento operoso.
E' da rilevare infine che la disciplina contenuta nell'art. 13 bis, comma 2, D.Lgs. n. 74 del 2000, che subordina l'accesso al "patteggiamento" per taluni reati tributari all'integrale pagamento del debito tributario o al ravvedimento operoso, ha natura esclusivamente procedimentale quale condizione per accedere al rito speciale, con la conseguenza che la norma trova applicazione anche ai fatti antecedenti alla sua entrata in vigore (cfr. Cassazione penale sez. III, 10 luglio 2019, n.552).
In conclusione, anche se il sistema repressivo dell'evasione è basato sull'autonomia tra procedimento tributario e processo penale, tuttavia all'estinzione dell'obbligazione sotto il profilo fiscale assume una particolare rilevanza sul lato penale, dal momento che ad essa sono connessi numerosi effetti premiali: infatti, il pagamento del debito  - a determinate condizioni -  può costituire causa di non punibilità per taluni reati, determina l'applicabilità di una circostanza attenuante ad effetto speciale ed evita le sanzioni accessorie di cui all'art. 12 del D.Lgs n. 74/2000, oltre a consentire l'accesso al rito speciale del "patteggiamento" che consente la diminuzione della pena fino ad un terzo.







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